Schirmer Test

DIAGNOSTICA

SCHIRMER TEST

di cosa si tratta?

Il test di Schirmer è un esame che permette la misurazione  della secrezione lacrimale dei nostri occhi. È uno dei test più utilizzati per diagnosticare la sindrome dell’occhio secco; non è un esame doloroso né invasivo.

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In cosa consiste?

Serve a capire se è presente un disturbo legato alla quantità di lacrime prodotte. In questo modo si può diagnosticare la presenza della sindrome dell’occhio secco, che causa ipoidratazione del bulbo oculare oppure dislacrimia (eccessiva evaporazione lacrimale), e infine ricorrere a una terapia sostitutiva.

Si svolge appoggiando nel fornice congiuntivale due striscioline di carta bibula millimetrate. Dopo circa 5 minuti si misura la porzione di strisciolina inumidita, che è numerata con dei valori di riferimento. Generalmente i valori ritenuti normali sono 15 mm nei giovani e 10 mm negli anziani.

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    Topografia Corneale

    DIAGNOSTICA

    TOPOGRAFIA CORNEALE

    di cosa si tratta?

    La cheratoscopia nasce come metodo per evidenziare le variazioni della curvatura corneale; per raggiungere questo risultato veniva proiettata sulla cornea una mira luminosa e si valutavano le deformazioni subite dall’immagine riflessa. Lo sviluppo parallelo delle tecnologie fotografiche permise l’introduzione della fotocheratometria, ciò offrì la possibilità di confrontare immagini diverse o anche acquisite in tempi diversi.
    Con l’avvento dei calcolatori elettronici, si è potuto dare al valore qualitativo offerto dal fotocheratoscopio anche un valore quantitativo, in altre parole la misura dei raggi di curvatura su tutta la superficie corneale.
    Tra tutti i pattern utilizzati per lo studio della superficie corneale, quello che meglio evidenzia le deformazioni e le variazioni di curvatura, è sicuramente il disco di Placido. Nei moderni videocheratoscopi, il numero degli anelli del disco di Placido può cambiare da strumento a strumento lasciando inesplorato solo una zona centrale di pochi decimi di millimetro. Gli elementi costitutivi della topografia corneale possono essere distinti in ottici ed informatici; i primi sono le mire, cioè un “pattern” luminoso riflesso dalla cornea, quindi la superficie riflettente cioè la cornea, ed infine un sistema di rilevamento delle immagini ora costituito da una telecamera. Il rapporto fra questi tre elementi è regolato da un sistema di allineamento e di focalizzazione dell’immagine.

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    In cosa consiste?

    Disco di Placido
    L’elemento informatico principale è costituito da un computer munito di programmi software che permettano la digitalizzazione delle immagini raccolte dalla telecamera e procedano alla scelta dei punti da computare tramite processi di interpolazione ed estrapolazione regolati da calcoli matematici complessi detti algoritmi. Altro elemento informatico è un sistema di codifica dei colori che faciliti la visualizzazione delle mappe topografiche.

    Le Mire
    La più utilizzata è, come detto in precedenza, il disco di Placido; ovviamente le mire possono variare per numero di anelli, posizione, larghezza, distanza reciproca, luminosità e diametro del più piccolo degli anelli.
    La nitidezza dell’immagine è legata anche al contrasto tra la luminosità degli anelli e lo sfondo; il nero e bianco sarebbero i colori più indicati perché con essi si ottiene il contrasto massimo. Aumentando, però, la luminosità degli anelli oltre un certo valore, oltre ad indurre un effetto d’abbagliamento sul paziente, si ottiene un fenomeno di diffusione dei raggi con conseguente diminuzione del contrasto. Probabilmente per tale motivo alcune ditte hanno abbandonato il bianco per preferire su colori tenui, come il rosa o il verde, che sono meno abbaglianti e meno diffondenti.

    Tipologie costruttive predominanti

    Le due tipologie costruttive predominanti sono:
    1. Testa a forma di cono
    2. Testa a disco di Placido modificato

    Testa a forma di cono Testa a disco di Placido modificato Disco di Placido modificato e testa a forma di cono

    La forma della testa dello strumento che proietta gli anelli concentrici può essere conica o a forma di disco di Placido modificato. Le teste coniche hanno il vantaggio di provocare minore interferenza nella proiezione con palpebre e ciglia e di consentire una spaziatura tra mira e mira molto fine, caratteristica che permette un’elaborazione di un maggior numero di punti sulla superficie corneale. Le teste a disco di Placido modificato hanno invece il vantaggio di poter essere poste a maggiore distanza dal vertice corneale, con conseguente guadagno in termini di distanza di messa a fuoco. Tale distanza è molto importante perché nel caso di un errore nella focalizzazione delle immagini proiettate, a parità d’errore, tanto minore è questa distanza, tanto maggiore sarà l’errore di calcolo del potere diottrico da parte dello strumento. La distanza di messa a fuoco e l’allineamento tra asse del topografo e il vertice corneale devono essere scrupolosamente rispettati, quindi ogni strumento possiede un meccanismo di allineamento e messa a fuoco automatico o manuale. I meccanismi automatici garantiscono una maggiore accuratezza di focalizzazione rispetto a quelli manuali e quindi riducono sensibilmente l’errore indotto.

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      Pupillometria

      DIAGNOSTICA

      PUPILLOMETRIA

      di cosa si tratta?

      La pupillometria è l’esame per la misurazione della grandezza (pupillometria statica) e dei movimenti della pupilla (pupillometria dinamica), di fondamentale importanza nei trattamenti laser di chirurgia refrattiva.

      diagnostica

      In cosa consiste?

      Si esegue con un apparecchio chiamato pupillometro.

      E’ un esame rapido e innocuo e non viene utilizzato alcun collirio.

      L’esame è di fondamentale importanza in tutti quei pazienti che devono essere sottoposti a chirurgia refrattiva ai fini di stimare l’area corneale di trattamento.

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        Tonometria

        DIAGNOSTICA

        TONOMETRIA

        di cosa si tratta?

        La tonometria è la tecnica che consente la misurazione del tono oculare ossia della pressione interna dell’occhio. Essa viene effettuata con strumenti chiamati tonometri la maggior parte dei quali richiede l’anestesia della superficie oculare tramite gocce di anestetico. La tonometria è un esame essenziale per la prevenzione ed il follow-up del glaucoma, patologia molto seria che può portare anche alla cecità.

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        In cosa consiste?

        Si studia attraverso varie  metodiche: 

        • Tonometria “ad indentazione” di Schiotz: si colloca sulla cornea un peso di valore noto e si determina l’entità della depressione corneale. Questa tecnica trascura la deformazione elastica delle pareti del bulbo oculare ed è in gran parte abbandonata.

        • Tonometria “ad applanazione” di Goldmann: consiste nel misurare la forza meccanica che serve per appianare una ridotta area circolare corneale (in zona centrale). Viene effettuata poggiando sulla cornea un conetto dopo l’istillazione di un anestetico, col paziente che fissa la luce della lampada a fessura. E’ una tecnica molto precisa.

        • Tonometria “a soffio”. Viene effettuata con uno strumento che emette un soffio di aria sulla cornea del paziente, il quale dovrà fissare una piccola fonte luminosa mentre l’apparecchio effettuerà la misurazione. 

        Il grande vantaggio del tonometro a soffio è la non invasività, in quanto non entra in contatto con l’occhio e pertanto non richiede l’instillazione di collirio anestetico. Il valore ,però, non sempre è preciso perché il paziente tende a strizzare l’occhio con un aumento della tensione oculare, quindi il valore a volte è sovrastimato e l’oculista deve valutare con attenzione il dato e a volte ripetere l’esame con un ‘altra tecnica.. Gli ultimi tonometri a soffio hanno migliorato la potenza del soffio rendendolo più leggero e meno fastidioso.

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          Perimetria Computerizzata

          DIAGNOSTICA

          PERIMETRIA COMPUTERIZZATA

          di cosa si tratta?

          Il campo visivo è lo spazio che un occhio riesce a percepire fissando un punto. Normalmente il campo visivo si estende: 60° nasalmente, 50° superiormente, 80° temporalmente e circa 70° inferiormente. Nel campo visivo normale si può evidenziare un’area cieca (la cosiddetta “macchia cieca”), che corrisponde alla proiezione spaziale della papilla ottica priva di fotorecettori, “macchia” che nello svolgimento delle attività quotidiane non viene mai percepita. L’esame è di facile esecuzione, non invasivo, richiedendo solo un po’ di attenzione e collaborazione. Il paziente viene posto al davanti di una semicupola illuminata tenuemente, deve fissare davanti a se una mira e deve premere un pulsante alla comparsa di uno stimolo luminoso puntiforme di grandezza e intensità variabile.

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          In cosa consiste?

          Un’alterazione del campo visivo (difetto campimetrico) è quindi una modificazione più o meno estesa e/o più o meno profonda della sensibilità retinica in quella determinata area che viene definito scotoma. Lo scotoma può essere “assoluto”, quando in una determinata area del campo visivo non viene percepito neanche lo stimolo a più alta intensità, o “relativo” quando sempre in un’area definita alcune mire luminose possono essere percepite ed altre no. Il campo visivo è un esame fondamentale per lo studio della patologia glaucomatosa e il monitoraggio dell’eventuale progressione subclinica della malattia pertanto, deve essere effettuato periodicamente (da 3 mesi ad 1 anno a seconda della valutazione dello specialista), confrontato con i precedenti e correlato con gli altri esami oculistici. L’esecuzione del campo visivo assume particolare importanza, oltre che per il glaucoma, anche per altre patologie di interesse neuro-oftalmologico (infiammazioni tossiche o metaboliche delle vie ottiche, patologie ischemiche cerebrali, neuriti, sclerosi multipla, etc.). Il campo visivo può essere studiato attraverso dei perimetri manuali (perimetria Goldmann) o computerizzati (Humphrey, Octopus,etc.) che misurano la risposta alla sensibilità alla luce in ciascun punto della retina, data dalla differenza percepibile fra luminanza dello sfondo e luminanza dello stimolo che viene rappresentata graficamente, mediante dei grafici e delle espressioni numeriche (o scala di grigi).

          Campo visivo computerizzato

          Come si svolge l'esame

          Nella perimetria computerizzata (perimetria statica) l’uso del computer apporta notevoli miglioramenti all’esecuzione e all’interpretazione dell’esame. Innanzitutto vi è l’eliminazione dell’errore dovuto all’esaminatore e vi è un costante controllo della fissazione. Gli esami sono riproducibili e confrontabili con un database precaricato nel software e si può scegliere fra differenti possibilità di esami per studiare particolari aree o patologie specifiche. Le modalità per l’esecuzione dell’esame sono sostanzialmente le stesse che nella perimetria manuale. Attualmente vi sono altre metodiche della perimetria computerizzata che riescono ad essere più sensibili e prevedibili della perimetria bianco su nero (come la SAP, Standard Achromatic Perimetry, bianco su bianco, o la SWAP, Short-Wavelength Automated Perimetry).  Per Campo Visivo o Perimetria Computerizzata si intende la valutazione strumentale computerizzata utile per lo studio della sensibilità luminosa della retina e del nervo ottico, importante nella diagnostica delle patologie oculari e centrali (neurologiche e neuroftalmologiche) e neuro-retiniche del sistema oculare. Tale esame risulta essere fondamentale nella diagnostica e nel monitoraggio del glaucoma.

          Il paziente viene fatto accomodare davanti allo strumento, con il mento appoggiato su un’apposito supporto, così da mantenere una posizione stabile. Il tecnico che svolge l’esame richiede di guardare dritto in direzione di una piccola luce fissa al centro dello schermo e di non muovere gli occhi. Mentre lo sguardo viene mantenuto su questa luce, altre luci lampeggiano intorno ad essa. Queste luci si accendono una alla volta. La loro localizzazione corrisponde ad una precisa localizzazione dei fotorecettori sulla retina (tutte le fibre del nervo ottico, incluse quelle danneggiate dal glaucoma, originano dalla retina).Quando si è sicuri di aver visto la luce lampeggiante, è necessario premere un bottone. Il computer analizza le risposte e modifica in base a queste l’intensità luminosa delle luci lampeggianti. In ogni esame del campo visivo ci saranno sempre degli stimoli luminosi troppo deboli per essere percepiti, anche negli occhi sani.

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            Pachimetria Corneale

            DIAGNOSTICA

            PACHIMETRIA CORNEALE

            di cosa si tratta?

            La pachimetria corneale è la misurazione dello spessore corneale espresso in micron (µ) o in micrometri. 
            La pachimetria corneale media nei soggetti normali è attorno ai 530/540 µ ma rientrano nella normalità anche valori compresi tra 460 e 620 micron. Tale misurazione è fondamentale in chirurgia rifrattiva per la scelta della tecnica laser da utilizzare o per escludere pazienti con spessore insufficiente.In tutti gli interventi di chirurgia refrattiva è preferibile lasciare un residuo corneale non inferiore a 400 micron.

            E’ inoltre un esame fondamentale per la diagnosi del glaucoma in quanto cornee troppo sottili o troppo spesse potrebbero dare dei falsi positivi o falsi negativi, per cui al valore tonometrico va sempre confrontato il valore pachimetrico da cui si ottiene il valore “aggiustato”che dovrebbe essere quello più preciso. Da un po’ di tempo alcuni autorefrattometri hanno nel loro programma il valore tonometrico aggiustato.

            diagnostica

            In cosa consiste?

            L’esame è utile, inoltre nei ritrattamenti, nei pazienti,cioè, già sottoposti a chirurgia rifrattiva per riconoscere ed escludere pazienti con alterazioni corneali. 

            Per le altre procedure chirurgiche, ad esempio nel cross linking è necessario uno spessore minimo di 400 µ, per gli anelli intrastomali lo spessore minimo è di 400 µ in sede di incisione. La pachimetria inoltre è di grande importanza nella valutazione dell’ipertono oculare perché il valore pressorio a seconda dello spessore corneale viene aumentato o ridotto secondo una tabella di compensazione. 

            La misurazione è fatta utilizzando una sonda ad ultrasuoni posta a contatto con la superficie corneale previa instillazione di un collirio anestetico. Anche se la procedura può sembrare invasiva è del tutto indolore. Alcuni topografi computerizzati eseguono una pachimetria ottica evitando l’uso della sonda a contatto. L’elevata variabilità di tale spessore nella popolazione sana non consente di definire un valore minimo patologico.

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              OCT

              DIAGNOSTICA

              OCT

              di cosa si tratta?

              La tomografia ottica a radiazione coerente (OCT) è un esame che negli ultimi tempi è diventato sempre più necessario nella pratica clinica. 

              Non è  invasivo perchè utilizza un fascio laser per fotografare la retina. L’OCT altro non è che una TAC della retina senza l’utilizzo di radiazioni ma di una sorgente laser che esegue delle scansioni della retina. Il risultato è la rappresentazione di una o più sezioni della retina. In questo modo è possibile valutare nei dettagli il profilo della retina mentre l’angiografia valuta la retina solo sul piano frontale. 
              L’OCT è particolarmente utile in tutta una serie di patologie degenerative della retina in particolare per individuare nei dettagli la presenza di una membrana epiretinica o di un foro maculare e dà importanti informazioni anche per un migliore inquadramento delle degenerazione maculare legata all’età e dell’edema maculare, particolarmente quello che insorge a seguito del diabete.

              diagnostica

              In cosa consiste?

              L’OCT permette inoltre di ottenere delle scansioni retiniche molto precise che consentono di analizzare nel dettaglio anche gli strati profondi del nervo ottico. Per cui questa metodica di imaging consente la diagnosi ed il follow-up anche del glaucoma. Nei pazienti affetti da glaucoma infatti, l’OCT e’ in grado di misurare lo spessore delle fibre nervose che circondano il nervo ottico evidenziando, in alcuni casi, un’ alterazione precoce delle stesse in presenza di un campo visivo normale e questo permette di iniziare tempestivamente una terapia per rallentare la progressione della patologia.

              L’OCT e’ inoltre un esame indispensabile nella diagnosi preoperatoria e nel follow-up postoperatorio della gran parte delle patologie oculari che necessitano di un intervento chirurgico.
              Trattandosi di un esame digitalizzato consente di mettere a confronto gli esami eseguiti nel tempo dal paziente, fornendo delle mappe differenziali.
              L’esecuzione è semplice e veloce dura circa 10-15 minuti.  La scansione parte nel momento in cui viene messa a fuoco la struttura oculare da analizzare.
              Con l’avvento degli OCT di ultima generazione l’esame può essere effettuato anche senza la dilatazione della pupilla, previa valutazione da parte dell’operatore medico sanitario, delle caratteristiche oculari e del tipo di patologia che si vuole indagare.

              E’ ormai un esame fondamentale.

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                Microspia Endoteliale

                DIAGNOSTICA

                MICROSPIA ENDOTELIALE

                di cosa si tratta?

                Studio dell’endotelio della cornea Consiste nel fotografare, con un apposita fotocamera computerizzata, la superficie più interna della cornea, che risulta tappezzata da una miriade di elementi detti cellule endoteliali; consente lo studio morfologico e morfometrico dell’endotelio.

                diagnostica

                In cosa consiste?

                E’ fondamentale come esame preliminare in caso di chirurgia sul bulbo (cataratta, glaucoma, trapianto di cornea) o in chirurgia refrattiva. Nel caso di un trapianto di cornea è utile che venga effettuato sul lembo che deve essere trapiantato.

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                  Fluorangiografia

                  DIAGNOSTICA

                  FUORANGIOGRAFIA

                  di cosa si tratta?

                  Studio della circolazione retinica Si tratta di una angiografia praticata allo scopo di studiare le modalità con la quale avviene la circolazione nei vasi coroideali e retinici. Viene effettuata con l’ausilio di un fluorangiografo, speciale apparecchiatura fotografica provvista di opportuni filtri, che sono in grado, da una parte di provocare la fluorescenza di un colorante (la fluorescina) che, iniettato per via endovenosa, raggiunge i vasi sanguigni delle strutture oculari, dall’altra di raccoglierne le immagini. 
                  E’ di fondamentale importanza nello studio di patologie vascolari, quali le retinopatie ipertensiva e diabetica, le trombosi, le ischemie ed i processi infiammatori che coinvolgono la retina o le strutture sottostanti. Attualmente è possibile effettuare uno studio avvalendosi di un colorante, il Verde Indocianina, che consente lo studio di strutture più profonde e, dunque, più nascoste.

                  diagnostica

                  In cosa consiste?

                  La fluoroangiografia si esegue iniettando in una vena del braccio un colorante, la fluoresceina, che dopo pochi secondi raggiunge la circolazione retinica e coroideale. Si esegue una serie di fotografie del fondo oculare così colorato e se ne studiano le anomalie. L’esame dura circa dieci minuti durante i quali si raccomanda al paziente la massima collaborazione nonostante l’abbagliamento dovuto al flash. 
                  L’iniezione in circolo di una sostanza colorante e la sua eliminazione per via renale rendono conto degli esami preliminari richiesti. 
                  La lieve colorazione giallastra assunta dalla cute e dalle urine dopo l’esame è da ritenersi normale e si risolve solitamente entro 24/48 ore.

                  Consigli pratici: 

                  • Digiuno da almeno 3 o 4 ore 

                  • Comunicare al medico eventuali allergie 

                  • Comunicare eventuale reazioni ai colliri midriatici 

                  • Comunicare eventuali malattie siero-trasmissibili (epatiti virali etc.) 

                  • Dopo l’esame evitare la guida di autoveicoli (possibilmente farsi accompagnare) 

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                    Esame Biomicroscopico

                    DIAGNOSTICA

                    ESAME BIOMICROSCOPICO

                    di cosa si tratta?

                    Al contrario di quanto si pensi, l’esame della vista è solo una piccola porzione dell’esame complessivo che il medico oculista esegue quando visita un paziente. 
                    Una visita generale può essere molto articolata e prevedere numerosi esami strumentali necessari per poter effettuare una diagnosi. 
                    Uno di questi è l’esame biomicroscopico, una fase importante della visita, perché 
                    permette al medico di esaminare, attraverso uno strumento chiamato lampada a fessura, lo stato di salute di palpebre, bulbo oculare e cornea.

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                    In cosa consiste?

                    Segue spesso un controllo accurato di un eventuale difetto visivo con la prova delle lenti per stabilire il visus massimo corretto che dovrebbe essere di 10/10 per lontano.

                    In base alla correzione visiva per lontano e all’età si può stabilire con  ottima approssimazione la correzione visiva per vicino. Il biomicroscopio si differenzia dagli altri microscopi per l’elevata distanza di osservazione dall’oggetto. Ciò limita l’ingrandimento massimo raggiungibile a ca. 40x. Per ingrandimenti maggiori è necessario un sistema ottico aggiuntivo che si avvicina maggiormente all’occhio. 
                    Anche il sistema di illuminazione è particolare. Deve dare una “lama” di luce estremamente sottile e dai margini nitidi. Qualità essenziali per osservare mezzi trasparenti come quelli ottici o le lenti a contatto. 

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