DIAGNOSTICA

TOPOGRAFIA CORNEALE

di cosa si tratta?

La cheratoscopia nasce come metodo per evidenziare le variazioni della curvatura corneale; per raggiungere questo risultato veniva proiettata sulla cornea una mira luminosa e si valutavano le deformazioni subite dall’immagine riflessa. Lo sviluppo parallelo delle tecnologie fotografiche permise l’introduzione della fotocheratometria, ciò offrì la possibilità di confrontare immagini diverse o anche acquisite in tempi diversi.
Con l’avvento dei calcolatori elettronici, si è potuto dare al valore qualitativo offerto dal fotocheratoscopio anche un valore quantitativo, in altre parole la misura dei raggi di curvatura su tutta la superficie corneale.
Tra tutti i pattern utilizzati per lo studio della superficie corneale, quello che meglio evidenzia le deformazioni e le variazioni di curvatura, è sicuramente il disco di Placido. Nei moderni videocheratoscopi, il numero degli anelli del disco di Placido può cambiare da strumento a strumento lasciando inesplorato solo una zona centrale di pochi decimi di millimetro. Gli elementi costitutivi della topografia corneale possono essere distinti in ottici ed informatici; i primi sono le mire, cioè un “pattern” luminoso riflesso dalla cornea, quindi la superficie riflettente cioè la cornea, ed infine un sistema di rilevamento delle immagini ora costituito da una telecamera. Il rapporto fra questi tre elementi è regolato da un sistema di allineamento e di focalizzazione dell’immagine.

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In cosa consiste?

Disco di Placido
L’elemento informatico principale è costituito da un computer munito di programmi software che permettano la digitalizzazione delle immagini raccolte dalla telecamera e procedano alla scelta dei punti da computare tramite processi di interpolazione ed estrapolazione regolati da calcoli matematici complessi detti algoritmi. Altro elemento informatico è un sistema di codifica dei colori che faciliti la visualizzazione delle mappe topografiche.

Le Mire
La più utilizzata è, come detto in precedenza, il disco di Placido; ovviamente le mire possono variare per numero di anelli, posizione, larghezza, distanza reciproca, luminosità e diametro del più piccolo degli anelli.
La nitidezza dell’immagine è legata anche al contrasto tra la luminosità degli anelli e lo sfondo; il nero e bianco sarebbero i colori più indicati perché con essi si ottiene il contrasto massimo. Aumentando, però, la luminosità degli anelli oltre un certo valore, oltre ad indurre un effetto d’abbagliamento sul paziente, si ottiene un fenomeno di diffusione dei raggi con conseguente diminuzione del contrasto. Probabilmente per tale motivo alcune ditte hanno abbandonato il bianco per preferire su colori tenui, come il rosa o il verde, che sono meno abbaglianti e meno diffondenti.

Tipologie costruttive predominanti

Le due tipologie costruttive predominanti sono:
1. Testa a forma di cono
2. Testa a disco di Placido modificato

Testa a forma di cono Testa a disco di Placido modificato Disco di Placido modificato e testa a forma di cono

La forma della testa dello strumento che proietta gli anelli concentrici può essere conica o a forma di disco di Placido modificato. Le teste coniche hanno il vantaggio di provocare minore interferenza nella proiezione con palpebre e ciglia e di consentire una spaziatura tra mira e mira molto fine, caratteristica che permette un’elaborazione di un maggior numero di punti sulla superficie corneale. Le teste a disco di Placido modificato hanno invece il vantaggio di poter essere poste a maggiore distanza dal vertice corneale, con conseguente guadagno in termini di distanza di messa a fuoco. Tale distanza è molto importante perché nel caso di un errore nella focalizzazione delle immagini proiettate, a parità d’errore, tanto minore è questa distanza, tanto maggiore sarà l’errore di calcolo del potere diottrico da parte dello strumento. La distanza di messa a fuoco e l’allineamento tra asse del topografo e il vertice corneale devono essere scrupolosamente rispettati, quindi ogni strumento possiede un meccanismo di allineamento e messa a fuoco automatico o manuale. I meccanismi automatici garantiscono una maggiore accuratezza di focalizzazione rispetto a quelli manuali e quindi riducono sensibilmente l’errore indotto.

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